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L’ufficiale e la spia

L’ufficiale e la spia

1894. Alfred Dreyfus, capitano dell’esercito francese, viene dichiarato colpevole di alto tradimento per aver passato segreti militari all’Impero tedesco. L’uomo viene degradato e condannato all’esilio sull’Isola del Diavolo; il suo affaire scatena una notevole eco in Francia poiché Dreyfus è ebreo. Un anno dopo l’ufficiale Georges Picquart, in passato superiore dello stesso Dreyfus, viene nominato capo della sezione dei servizi segreti nell’esercito francese; l’uomo, dai sentimenti antisemiti, è consapevole che il processo a carico di Dreyfus sia stato piuttosto sommario a causa della sua origine; tuttavia, notando alcune irregolarità nel dossier dell’affaire, decide di condurre un’indagine per verificare la colpevolezza dell’uomo. Picquart scopre il cosiddetto bordereau, ossia il documento che proverebbe la sua colpevolezza, non è stato scritto da Dreyfus come il grafologo Alphonse Bertillon aveva dichiarato, ma da un altro soldato, il maggiore Ferdinand Walsin Esterhazy. Questi sarebbe la vera spia, ma le prove sono state esaminate con pregiudizio o addirittura falsificate a danno di Dreyfus.

Picquart si convince dell’innocenza di Dreyfus e tenta di riaprire il processo per scagionarlo e arrestare Esterhazy, ma incontra l’opposizione dei suoi superiori: l’ammissione d’innocenza di Dreyfus avrebbe come esito un grande scandalo che porterebbe alla scoperta della corruzione nell’esercito francese, mentre l’uomo, in quanto ebreo, è il perfetto capro espiatorio. Picquart viene quindi rimosso dall’incarico e inviato in missione lontano da Parigi; l’uomo però riesce a tornare e a raccontare tutto al suo amico avvocato Fernand Labori, il quale inizia a organizzare un comitato per la riabilitazione di Dreyfus coinvolgendo numerosi intellettuali tra cui il celebre scrittore Émile Zola.

L’insubordinazione di Picquart porta al suo arresto, ma intanto Zola pubblica il celebre editoriale J’accuse nel quale critica ferocemente le irregolarità del processo a Dreyfus e mette a nudo tutte le colpe delle persone coinvolte nel caso. Il processo viene riaperto e in un primo momento Zola viene condannato; mentre tutta la Francia si divide tra innocentisti e colpevolisti, gli intellettuali firmatari della petizione pro-Dreyfus vengono bersagliati dall’odio popolare. Successivamente, dopo aver perso un duello contro Picquart, il ten.col. Hubert J. Henry, che aveva testimoniato a carico di Dreyfus, ammette di aver prestato falsa testimonianza, per poi morire apparentemente suicida.

In seguito alle deposizioni di Henry Picquart viene assolto e liberato, mentre Dreyfus viene rimpatriato per un secondo processo; poco prima dell’udienza decisiva, l’avvocato Labori subisce un attentato e non è in grado di difendere Dreyfus. L’uomo viene nuovamente condannato, ma la pena da scontare è resa più lieve dal riconoscimento delle attenuanti. Nel 1899 il Presidente del Consiglio gli concede la grazia: Picquart vorrebbe continuare a battersi per provare la sua innocenza, ma Dreyfus, stremato, la accetta. Sette anni dopo arriverà la piena assoluzione e il reintegro nell’esercito.

Nel 1907 Picquart viene nominato Ministro della Guerra, anche grazie al riconoscimento dell’errore giudiziario a suo danno. Dreyfus gli chiede udienza e protesta poiché gli anni in cui ha ingiustamente scontato la pena non gli sono riconosciuti, impedendogli di raggiungere il grado di tenente colonnello. Picquart non può fargli questa concessione poiché il clima politico è nuovamente cambiato, e ciò causa lo sdegno di Dreyfus. I due uomini si salutano con rispetto, per non rivedersi mai più.

Francesco Prando: ten.col. Marie-Georges Picquart
Giorgio Borghetti: cap. Alfred Dreyfus
Emanuela Rossi: Pauline Monnier
Roberto Stocchi: magg. Hubert-Joseph Henry
Massimo De Ambrosis: Alphonse Bertillon
Emiliano Coltorti: Fernand Labori
Mauro Gravina: gen. Georges-Gabriel de Pellieux
Luca Biagini: gen. Auguste Mercier
Marco Mete: gen. Raoul Le Mouton de Boisdeffre
Paolo Marchese: gen. Charles-Arthur Gonse

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